“Fratelli Rohingya, vi chiedo perdono…”
Come spesso avvenuto durante le sue visite pastorali (e non solo), anche in Bangladesh, papa Francesco ha colto in contropiede tutti. L’incontro con i Rohingya a Dacca era previsto da mesi, tuttavia i principali esponenti delle chiese del Sud Est asiatico, per ragioni di prudenza e diplomazia, avevano consigliato al Santo Padre di mantenere un profilo basso e di non pronunciare il nome di questa etnia perseguitata, i cui profughi, di religione musulmana, ormai da qualche anno, stanno fuggendo dal Myanmar, chiedendo asilo politico in Bangladesh.
Non solo il Pontefice si è pronunciato, ma le sue parole rivolte ai Rohingya al termine dell’incontro ecumenico e interreligioso presso l’arcivescovado di Dacca, sono state senza mezzi termini: “La vostra tragedia è molto dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono”.
Chiamandoli “fratelli e sorelle”, il Papa ha definito i Rohingya “immagine del Dio vivente” e ha aggiunto: “Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell'acqua e vi ha versato del sale, l’anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle”.
Bergoglio si è quindi appellato al “cuore grande” dei rappresentanti dell’etnia perseguitata perché “sia capace di accordarci il perdono che chiediamo”. Ha poi esortato a “stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti”.
“Non chiudiamo il cuore, non guardiamo dall'altra parte. La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya”, ha infine concluso il Pontefice.
L.M.
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