Dialogo interreligioso: non mera “tolleranza” ma “apertura del cuore”
La grande festa interreligiosa con papa Francesco e i rappresentanti delle principali comunità bengalesi si è tenuta oggi nel giardino dell’Arcivescovado di Dacca. Tra danze tradizionali, alla presenza di cattolici, musulmani, buddisti e indù, l’evento è culminato con l’attesissimo incontro del Santo Padre con i diciotto Rohingya, provenienti da Cox’s Bazar.
Dopo il saluto del cardinale arcivescovo di Dacca, Patrick D’Rozario, quello di quattro rappresentanti delle varie comunità religiose e la preghiera ecumenica recitata dal vescovo anglicano Philip Sarka, ha preso la parola il Pontefice, ricordando subito l’obiettivo principale dell’incontro: “Approfondire la nostra amicizia per esprimere il comune desiderio del dono di una pace genuina e duratura”. E ha ribadito: “In Bangladesh, dove il diritto alla libertà religiosa è un principio fondamentale, questo impegno sia un richiamo rispettoso ma fermo a chi cercherà di fomentare divisione, odio e violenza in nome della religione”.
Il “dialogo” e la “collaborazione al servizio della famiglia”, ha puntualizzato il Papa, non possono limitarsi a una “mera tolleranza”. In primo luogo va costruita “un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita”, attraverso una opportuna “apertura del cuore” che aiuti a “vedere gli altri come una via, non come un ostacolo”. Questa “apertura del cuore” può essere vista in tre accezioni diverse: come una “porta”, come una “scala” o come un “cammino”.
La “porta” va intesa come un “dialogo di vita”, non come un “semplice scambio di idee” e non va confusa “con l’indifferenza o la reticenza nell’esprimere le nostre convinzioni più profonde”. Ciò significa “condividere le nostre diverse identità religiose e culturali, ma sempre con umiltà, onestà e rispetto”, ha spiegato Francesco.
L’apertura del cuore è anche paragonabile a una “scala” per il raggiungimento dell’“Assoluto”. Ciò rende necessario “purificare i nostri cuori, in modo da poter vedere tutte le cose nella loro prospettiva più vera”, in modo da imparare a “valorizzare gli altri e il loro punto di vista”, permettendoci di stringere amicizia con tutti.
La terza dimensione, quella del “cammino”, è infine ciò che “conduce a ricercare la bontà, la giustizia e la solidarietà”, quindi “il bene del nostro prossimo”. Questa “sollecitudine” può scaturire solo da “un cuore aperto” e “scorre come un grande fiume, irrigando le terre aride e deserte dell’odio, della corruzione, della povertà e della violenza che tanto danneggiano la vita umana, dividono le famiglie e sfigurano il dono della creazione”.
Questo spirito di cooperazione è stato individuato da Bergoglio nella concretezza con cui “le diverse comunità religiose del Bangladesh” si sono dedicate alla “cura della terra, nostra casa comune, e nella risposta ai disastri naturali che hanno afflitto la nazione negli ultimi anni”. Un’altra dimensione di impegno comune è stata la “manifestazione di dolore, preghiera e solidarietà che ha accompagnato il tragico crollo del Rana Plaza, che rimane impresso nella mente di tutti”.
L’apertura reciproca e la cooperazione tra i credenti, ha commentato il Santo Padre, “non solo contribuisce a una cultura di armonia e di pace” ma “ne è il cuore pulsante”. È proprio questo “cuore che batte con forza” il motore propulsivo per “contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili”. Questa apertura del cuore è anche “necessaria per accogliere le persone del nostro mondo, specialmente i giovani, che a volte si sentono soli e sconcertati nel ricercare il senso della vita”.
Nella sua preghiera finale, papa Francesco ha espresso l’auspicio che “con la dimostrazione del comune impegno dei seguaci delle religioni a discernere il bene e a metterlo in pratica”, si possano aiutare tutti i credenti a “crescere nella saggezza e nella santità, e a cooperare per costruire un mondo sempre più umano, unito e pacifico”.
Luca Marcolivio